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Licata

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Licata è uno di quei luoghi che impari ad amare dopo averlo conosciuto. Fino a pochissimo tempo fa era fuori dai circuiti turistici. La presenza “ingombrante” della Valle dei Templi di Agrigento (dista solo 37 Km) ne ha oscurato il passato glorioso ed il patrimonio storico. L’essere ancora meta turistica “acerba” la rende affascinante. Specie per gli stranieri che hanno la sensazione di vivere la Sicilia vera; non quella patinata dei cataloghi ma quella piena di contraddizioni e di contrasti. Il percorso ideale per chi vuole visitare Licata comincia da Piazza Carmine, sulla quale si affaccia uno dei numerosi conventi del centro storico. All’interno un portale chiaramontano del ‘200 e la mostra permanente sullo sbarco anglo americano. Lungo corso Roma, si incontrano il convento dei Dominicani con ancora la lapide del tribunale della Santa Inquisizione, e i palazzi nobiliari liberty realizzati agli inizi del ‘900. Giunti in piazza Progresso lo sguardo viene catturato dal sontuoso Palazzo di Città progettato e realizzato dall’architetto palermitano Ernesto Basile. Si tratta del primo edificio pubblico italiano sul quale, all’alba dell’undici luglio del 1943, vennero issate le bandiere inglese e americana. Una storia, l’amministrazione dell’AMGOT di Licata, che ispirò il cronista di guerra John Ersey a scrivere il libro “Una Campana per Adano”, vincitore del Premio Pulitzer nel 1945, nel quale si racconta di un ufficiale USA di origine siciliana che trasgredisce gli ordini per rifornire di acqua e viveri un paese di pescatori e soprattutto per restituir loro la storica campana della chiesa trafugata dai tedeschi (nella finzione Adano, nella realtà Licata). Lungo corso Vittorio Emanuele si incontrano palazzi barocchi e liberty, in una miscela di stili che ha pochi eguali in Sicilia. Da visitare il piccolo teatro liberty, dedicato al geometra licatese Filippo Re Grillo (fu lui a progettarlo e a farlo realizzare), e la Cappella del Cristo Nero, sita all’interno della Chiesa di Santa Maria La Nova. La storia racconta che nel 1553 una flotta di 104 galere turche e francesi, comandate dall’Ammiraglio Dragut di Mehedia assalì Licata. La città bruciò per 8 giorni. La Chiesa Madre subì i danni maggiori e tradizione vuole che i turchi cercarono pure di bruciare il Crocifisso. Il Cristo in legno non bruciò ma divenne nero e ciò fu ritenuto un miracolo. I licatesi edificarono per ringraziamento la cappella che tutt’oggi è meta di fedeli. Uno dei quartieri più suggestivi di Licata è il borgo della Marina, un dedalo di viuzze abitate dai pescatori e perciò pregne della dura vita di mare. Sulla collina che sovrasta Licata (leggenda vuole che dalla sommità della stessa fu buttato a valle all’interno di una botte piena di chiodi, il console romano Attilio Regolo) è possibile visitare il Castel Sant’Angelo, un forte spagnolo ancora in ottime condizioni, e i resti della colonia greca di Phinthia, primo insediamento urbano nel territorio di Licata.

 

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